La Guerra Peninsulare, o Guerra de Independencia, è stata la più lunga (1807-1814) e forse la più stremante e disumana delle Guerre Napoleoniche.

Vi hanno partecipato Portoghesi, Spagnoli, Inglesi, Irlandesi e Francesi, con Tedeschi, Svizzeri, Polacchi, Olandesi e Italiani alleati di Napoleone. Si aggiungano gli arruolati dalle colonie di Africa,

Asia e Americhe provenienti da tutto il mondo. Nata come disputa economica e di egemonia imperiale, è stata vissuta dai locali come guerra religiosa e di liberazione; per la prima volta non si combattevano

solo gli eserciti: la Campagna iberica vide nella popolazione civile e nel clero locali un vero e proprio elemento attivo nel conflitto, il quale registrò ben presto episodi di ferocia mai vistesi nell'Europa Moderna.

In questi sette anni non ci furono solo battaglie, ma assedi durati mesi e mesi, agguati e imboscate isolati, saccheggi, torture. Essa lasciò due paesi completamente distrutti, senza più Colonie, e con una

instabilità politica che si ripercosse fino al XX Secolo. Non c'è città iberica che non abbia pagato un pesante tributo in termini di vite umane e distruzioni. Solo per citare il caso di Zaragoza, la città perse la

metà dei suoi abitanti per difendersi dall'assedio francese. A oggi non si conosce con precisione il bilancio totale delle vittime; sappiamo solo che furono di più i Francesi morti per malattia che in

combattimento. Pochi sanno che i soldati italiani caduti in Spagna ammontano allo stesso numero di quelli morti in Russia nel 1812, più di 20.000. E parliamo di volontari, non di coscritti.

Gli storici dicono che nella cultura degli Italiani il periodo rivoluzionario/napoleonico sia stato (o meglio volle essere) oscurato dai miti risorgimentali dei decenni seguenti; ma per dirla con un'espressione

semplificatrice, gli ardori rivoluzionari dei nonni furono semplicemente trasmessi ai nipoti.


1807-1808

Il mancato rispetto da parte del Portogallo del blocco economico continentale nei confronti dell'Impero Britannico portò Napoleone, nel 1807 a invadere la Penisola Iberica. La Convenzione segreta tra

Portogallo e Inghilterra, firmata il 22 ottobre, stabilì in sicurezza la manovra luso-britannica per salvare la famiglia reale e il governo portoghese in Brasile. Con una velocissima campagna i Francesi invasero

la Spagna e arrivarono a Lisbona. Gli Spagnoli, teoricamente alleati dei Francesi, non accettarono i comportamenti ed il modo di fare prepotente dei transalpini, specie con la popolazione, e finirono per

ribellarsi. Le truppe francesi al comando del Maresciallo Junot si concentravano in un'area intorno alla capitale Lisbona, delimitata dall'Atlantico, dal fiume Tago e da una linea che andava da Peniche ad

Abrantes. Nel resto del territorio, i francesi avevano forze in posizioni fortificate a Setúbal, Almeida ed Elvas. Al di fuori di quella zona e di quelle località, i francesi si muovevano ancora con una certa facilità,

causando perdite alle forze portoghesi e alle popolazioni che si opponevano nonostante le dure repressioni. Il 1 agosto 1808 le truppe britanniche di Wellington iniziarono a sbarcare vicino a Figueira da Foz,

alla foce del Mondego, marciando verso Leiria dove si unirono alle forze portoghesi di Bernardino Freire, comandante dell'esercito lusitano, con un totale di circa 20.000 uomini; 14mila britannici e 6.000

portoghesi. Da parte francese c'erano inizialmente 30.000 uomini, ma si stima che non più di 12.000 uomini fossero alla periferia della capitale. Il resto era distribuito tra Tomar e Abrantes; un esiguo numero

di effettivi fu perso per le insurrezioni popolari, la guerriglia e le diserzioni. Furono quindi combattute le battaglie di Roliça e Vimeiro, vinte dagli alleati Portogallo/Regno Unito; la resa dei Francesi venne

ratificata dalla Convenzione di Sintra. Gli alti ufficiali inglesi, una volta in patria, innanzi al Governo rischiarono il carcere per le condizioni di resa troppo morbide concesse ai Francesi. Come spesso succede

fra superpotenze, sia Spagnoli che Portoghesi vennero tenuti fuori da ogni tavolo diplomatico. Intanto nelle città spagnole montavano gli assedii e le rivolte della popolazione, le distruzioni e la guerriglia

partigiana fatta di agguati e sabotaggi.


1809-1810

Napoleone volle riprovarci l'anno seguente, quando riuscì a cacciare gli Inglesi dalla Penisola (con una tragica Dunkerque ante litteram) e ad invadere il Portogallo una seconda volta.

Nel frattempo la giunta spagnola assunse la direzione dello sforzo bellico, organizzò l'esercito e firmò un trattato di alleanza con il Regno Unito, il cui esercito si apprestava a tornare in Portogallo.

Il Regno Unito malgrado approvvigionasse i disorganizzati eserciti iberici di armi, uniformi e denaro, e provvedesse all'istruzione delle armate amiche, era accolto con ostilità dagli Spagnoli, civili e militari.

Wellesley sbarcò a Lisbona il 21 aprile 1809. Il suo piano era di avanzare con il grosso delle sue forze verso Porto, il più rapidamente possibile, per raggiungere la città prima che Soult riuscisse a concentrare il suo esercito.

Non fu facile trovare un accordo strategico con gli Spagnoli. Nel maggio 1809 l'esercito francese, che aveva conquistato praticamente tutte le città spagnole, faticava a tenere i collegamenti.

Inoltre guerrilla e malattie lo sottoponevano a perdite ingenti. Gli alleati riuscirono in meno di un anno a respingere il nemico fino alle porte di Madrid ma, notevolmente indeboliti, ritirarono di nuovo verso il

Portogallo. Una terza invasione francese del territorio portoghese ebbe inizio nel 1810, sotto il comando del maresciallo André Masséna. L'esercito francese era il più numeroso delle tre invasioni: aveva una

forza totale, al 15 settembre 1810, di 65.050 uomini. Masséna, penetrando attraverso la regione nord-orientale del Portogallo, conquistò la Praça-forte de Almeida (agosto), al confine, quindi marciò su

Lisbona. Intercettato dalle forze luso-britanniche, fu sconfitto nella battaglia di Buçaco (27 settembre). L'esercito alleato fece sfollare la popolazione dalle zone in cui sarebbe passato l'esercito francese e fu

dato l'ordine di evacuare Coimbra. Le proprietà agricole furono abbandonate, le merci che non potevano essere trasportate e che potevano in qualche modo servire ai francesi furono distrutte.

Questi raggiunsero in seguito le Linee di Torres Vedras il 14 ottobre, fortificazioni a Nord di Lisbona erette a protezione della regione; dovettero però ritirarsi, non sconfitti ma stremati e affamati.


1811-14

I combattimenti e gli assedi furono aspri al confine fra Portogallo e Spagna, specie a Ciudad Rodrigo e Badajoz. I Francesi iniziarono a ritirarsi nella primavera del 1811 e gli alleati si preparavano

all'inseguimento. Le caratteristiche del terreno, montuoso e arido, del clima e delle vie di comunicazione, molto limitate e in cattive condizioni, influenzarono le condizioni della guerra e in generale favorirono

i luso-britannici; l'esercito del generale Wellington soffrì molto per le carenze di vettovagliamento e per le malattie, ma poté rifornirsi via mare e, pagando in contanti, poté ottenere molto più facilmente beni e

viveri dalla popolazione. Il 6 agosto 1812 gli Anglo-Portoghesi erano a Madrid. Napoleone, che aveva alleggerito le armate in Spagna per invadere la Russia, si trovò quindi stretto fra due fronti e dovette poco

alla volta capitolare, anche perchè la Spagna era così vasta da rendere troppo dispendioso in termini di uomini muoversi sempre scortati e mantenere i collegamenti.

L'esercito francese nel 1813 ritirava verso i Pirenei, lasciando città saccheggiate e distrutte. La conclusiva battaglia di Tolosa fu combattuta nell'aprile 1814, quando Napoleone aveva già abdicato.

Buona parte degli stessi ufficiali britannici e francesi presenti in Spagna e Portogallo si sarebbero incontrati un anno dopo, per l'ultima volta, nelle pianure del Belgio, in quella che sarebbe stata la più famosa

battaglia della Storia europea.


Considerazioni

Fu chiamata “l'ulcera spagnola” di Napoleone. Ogni rinnovamento richiede distruzione: l'Imperatore doveva sperimentare la verità di questo, e incurante di sentimenti a lui stranieri, dei diritti di una nazione

e delle sue tradizioni anche se retrograde, osò sfidare due imperi decadenti e una terra insidiosa. Un selvaggio furore si formò negli animi e nel termine di dieci giorni tutta la Spagna era in fiamme.

Si vide che un'amministrazione corrotta e un governo intorpidito avevano lasciato il popolo a sé stesso e lo avevano abituato all'indipendenza, che era sì tale, ma in una forma anarchica.

Pieni di un gretto orgoglio castigliano i discendenti del Cid si reputavano fanaticamente i migliori cristiani e i primi uomini del mondo. Sotto questa povertà morale e intellettuale, sotto un' orgogliosa quiete,

sonnecchiavano il più suscettibile sentimento dell'onore e le più bollenti passioni. Alla sollevazione nazionale si accompagnavano poi le istruzioni giunte da Roma contro il profanatore della Chiesa, l'oppressore

del papa: l'orco corso. Tutte le classi sociali, contadini, frati, nobili, e vagabondi si unirono con un solo pensiero. Preti e monaci predicarono la guerra santa, processioni e miracoli infiammarono le moltitudini.

Dal punto di vista militare la guerra appariva come una pura assurdità; senza denaro, senza esercito, senza capi, gli Spagnoli volevano gettarsi addosso a una potenza universale.

I Borboni avevano portato fino allora soltanto allo instupidimento e alla miseria, Napoleone invece prometteva un avvenire prospero, offriva una costituzione moderna con rappresentanza nazionale, libertà di

stampa e un'amministrazione onesta della giustizia, un nuovo codice, i diritti delle genti, l'abolizione dell'Inquisizione, la liberalizzazione del commercio interno, l'alienazione dei beni ecclesistici, in tre parole:

l'eliminazione della feudalità. Gli Spagnoli non volevano simili miglioramenti o almeno non dalla mano di uno straniero, ma per vincere dovettero accantonare per un attimo la religione e mettersi nelle mani

deimalvisti protestanti inglesi. Tutt'altro atteggiamento fu quello dei Portoghesi, che accettarono come una manna il non disinteressato aiuto britannico, e si misero subito nelle mani di Wellington sia

per l'organizzazione militare che per le politiche sociali. Dopotutto erano alleati da cinque secoli!

©Clive Thomas 2020